Novità da lucolifloraefauna.it
Trovata una specie nuova per l'Italia a Campo Felice - Marzo 2010
Raduno a Lucoli dei partecipanti al Forum Acta plantarum Le foto del raduno - Maggio 2010
Una nuova ferita a Campo Felice - Ottobre 2010
Guida fotografica alla flora di Campo Felice, di Enzo De Santis e Rossano Soldati - Maggio 2011
GaiaNews.it Abruzzo, ancora ferite inferte alla regione verde d’Europa. Intervista a Fabio Conti - Luglio 2011
Il genere "Rosa" sul nostro territorio - Settembre 2011
Considerazioni sul libro "Ricostruzione di territori - Ottobre 2011
La ricerca floristica nel territorio di Lucoli nel 2010 e nel 2011 - Marzo 2012
Pubblicazione a cura del Giardino Botanico Appenninico di Campo Felice, di Giuliano Frizzi e Rossano Soldati. Principali piante tossiche di Campo Felice e dintorni - Seconda parte - piante contenenti sostanze tossiche non alcaloidee - Settembre 2014
Sedum
aquilanum, nuova specie
endemica di Campo Felice - febbraio 2016
Il dr. Fabio Conti del
Centro Ricerche Floristiche dell'Appennino ci informa che il Sedum
nevadense (vedi notizia Marzo 2010) è stata riconosciuta come nuova
specie, endemica di Campo Felice - Sedum aquilanum
L. Gallo & F. Conti
La ricerca floristica nel territorio di Lucoli nel 2010 e nel 2011 - marzo 2012
Siamo all'inizio di una nuova stagione
floristica. Fra qualche settimana sarà primavera e dopo le intense
nevicate delle settimane scorse la natura comincia a svegliarsi.
E’ il momento giusto quindi per tirare le somme del lavoro svolto in
questi ultimi due anni di indagini e ricerca botanica, a partire dal
raduno Acta plantarum tenutosi a Lucoli nel maggio 2010 che per noi
è stato un evento eccezionale, non solo per quanto abbiamo imparato
dai botanici e dagli amici del forum, ma soprattutto per l’aspetto
umano che esso ha avuto .
Oltre alla competenza e all’esperienza, sono stati giorni di festa
di cui siamo orgogliosi ed onorati.
Ci siamo ricaricati per ripartire alla scoperta di nuove conoscenze,
memori anche di errori che avevamo commesso in alcune valutazioni e
diagnosi, tipiche di chi non affronta la materia da professionista,
ma da appassionato al quale mancano per forza di cose alcune basi
essenziali.
Questi due anni hanno segnato una svolta importante. Se prima la
ricerca era svolta essenzialmente nella frenesia di nuove scoperte,
non solo di specie ma anche degli habitat e dei luoghi, in questi
ultimi due anni la ricerca è stata mirata.
Abbiamo voluto fare una pausa di riflessione e verifica.
E’ stata studiata la correlazione fra specie ed habitat, compreso il
clima, l’altitudine, il terreno.
La ricerca mirata ha evidenziato in maniera ancora più marcata la
unicità ed importanza che riveste l’altopiano di Campo Felice. La
correlazione che esiste fra la torbiera e quindi l’antico letto
lacustre ed il suo contorno costituito da rilievi, brecciai, boschi,
colline moreniche aride, rupi. Insignificanti scorrimenti acquiferi,
che vanno a comporre un microclima e micro habitat
straordinariamente ricco di specie vegetali ed animali sopravvissute
nei secoli in un equilibrio precario ma perfetto. E il tutto
concentrato in pochi km quadrati
In questi due anni, abbiamo verificato l’esattezza di quello che
prima avevamo solo sgrossato, corretto molti errori e confermato
molte supposizioni.
Possiamo orgogliosamente affermare che in questi due anni siamo
cresciuti ed abbiamo imparato molto; sono state determinate 195
nuove specie (55 durante il suddetto raduno), di cui:
49 rare a livello regionale.
17 inserite nelle liste rosse regionali delle specie a rischio.
7 endemiche.
E’ stato arricchito ulteriormente l’erbario che a questo punto
dovrebbe essere composto di circa 1500 fogli e rappresenta una
campionatura e testimonianza storica di tutta la flora non solo di
Lucoli, ma considerandolo parte integrale di quello del CRFA. Esso
rappresenta tutta la zona montuosa di media ed alta quota della
catena Velino-Sirente- Orsello.
L’erbario è in fase di determinazione e comprende probabilmente
ancora molte specie nuove per il territorio.
Abbiamo verificato la diffusione della specie di interesse
prioritario Klasea lycopifolia e trovato nuovi popolamenti,
ma tutti nella stessa zona. Al momento è in fase di espansione con
circa 400-500 individui. Rimane comunque specie molto rara e a
rischio di estinzione, in quanto parte della sua colonia è lambita
dalla bretella della galleria ed alcuni individui sono già stati
distrutti. Quasi tutti gli altri si trovano sulla linea interessata
dalla ipotetica variante che andrà a ricongiungersi allo svincolo.
Se ciò dovesse avvenire, la specie scomparirà dall’altipiano.
Abbiamo verificato l’area di crescita del Sedum nevadense
che si estende per circa 10000 mq. Questa specie è assai delicata ed
incostante nella fioritura e vegetazione, ed è a nostro giudizio ad
altissimo rischio di estinzione. Per esso vale lo stesso discorso
della specie precedente anche se, fortunatamente, non è stato
toccato dai lavori della galleria ma nel caso in cui si realizzi la
bretella, anche esso scomparirebbe per sempre dall’altipiano e
quindi dall’Italia.
Artemisia atrata è una specie con areale allargato a tutto
il piano di scarpa di monte Cefalone.
E’ specie stabile, tendente al regresso, strettamente legata
all’habitat di torbiera. Solo in rari casi, risale per pochi metri
sulla costa di M Cefalone. A causa degli interventi antropici e
devastanti della galleria a Sud Est e gli interventi altrettanto
devastanti legati al cento turistico La Vecchia Miniera a Nord Est
che ne hanno già distrutto alcune colonie, l’area di questa
rarissima specie, unica sull’appennino, si è ristretta di molti ha.
Una intensificazione della ricerca, c’è stata soprattutto nella
valle del Rio e nelle zone umide a valle di essa, dove sono state
determinate in particolare, Achillea nobilis, Carex
flacca, Carex halleriana, Carex otrube, Carex acutiformis, Carex
panicea, Carex hirta, Cirsium palustre, Centaurium pulchellum
subp. pulchellum, Cucubalus baccifer, Epilobium lanceolatum,
Equisetum palustre, Euphorbia falcata subsp. falcata,
Filago germanica, Galeopsis pubescens subsp. pubescens,
Lemna minuta, Melilotus neapolitanus, Nepeta cataria, Ophrys fusca,
Rosa sempervirens, Rubia tinctorum, Satureja hortensis, Thymus
longicaulis, Veronica agrestis, Veronica praecox, Vicia peregrina.
Studiando questa zona, abbiamo notato una buona diffusione di
Scrophularia umbrosa che prima avevamo considerato RR nella
nostra zona mentre ora è da noi comune nel suo habitat tipico.
Tra le zone aride e rocciose a base calcarea, si è rivelata
interessante e ricca di specie tipiche tutta la zona che, delimitata
alla base dalla statale 584, parte da Casavecchia fino a
Collefracido ed arriva fino al confine con L’Aquila a Nord e Colle
ad Est.
Con particolare nota per le vallette di scolo di Valle Maggiore dove
abbiamo rinvenuto:
Viola kitaibeliana, Sedum caespitosum, Thymus glabrescens
subsp. decipiens, Lens nigricans, Minuartia glomerata subsp.
trichocalicyna, Eryngium campestre, splendide colonie di
Ophrys bertolonii ed Ophrys fusca.
Dobbiamo anche dire però che non sappiamo molto sulla zona che da
monte Munito arriva ai confini con Tornimparte fino alla galleria
San Rocco. A quest’area, verrà dedicata maggiore attenzione nella
prossima stagione vegetativa, visto che alcune zone sono ancora
pressoché sconosciute.
Lo stesso discorso vale per tutto il versante Sud di Monte Orsello,
zona ricca di brecce e rupi, con alcune fasce boschive, piccoli
brecciai e piccoli affioramenti acquiferi che potrebbero ancora
nascondere delle gradite sorprese.
Nella valle a ridosso di Casamaina, abbiamo scoperto una ricca
colonia di Ribes alpino e la presenza di Thalictrum
aquilegiifolium, che a questo punto vengono considerati non più
rari ma poco comuni nella nostra zona.
Quest’area è ricca di specie e, considerata la posizione, ha un buon
valore paesaggistico che andrebbe valorizzato. Purtroppo tutto il
vallone è fortemente inquinato a livello quasi di discarica.
Nella zona di alta quota sono state fatte diverse esplorazioni a
largo raggio.
Anche esse hanno dato risultati degni di nota. In particolare la
valle del Campitello che, nonostante fosse già stata esplorata
diverse volte, si è rivelata ancora ricca di sorprese decisamente
spettacolari e degne di nota, con colonie molto estese di Rosa
spinosissima, Dyanthus barbatus, Paeonia
officinalis e Rosa pendulina.
Sono state rinvenute inoltre Seseli peucedanoides, Tanacetum
corimbosum subsp. achillea Thalictrum foetidum subsp.
foetidum, Thlasphi brachypetalum e Asplenium viride
su tutte le rupi e macereti del Campitello.
Confermata la presenza di Veronica aphylla, Valeriana saliunca
e Saxifraga caesia, tutte in zona rupestre nella valle del
Campitello e a Vena Stellante.
Ovviamente anche sull’altopiano si sono concentrate le ricerche, sia
per approfondire la conoscenza su quelle esistenti, sia alla
scoperta di nuove specie, che non si sono fatte attendere .
Ne riportiamo solo alcune fra quelle di maggiore interesse rinvenute
all’interno del bacino lacustre.
Allium oleraceum subsp oleraceum, Barbarea intermedia,
determinata durante il raduno, Eleocharis uniglumis subsp.
uniglumis, Eleocharis quinqueflora, Erysimum majellense,
anche questa determinata durante il raduno, Hieracium jurassicum
subsp.subperfoliatum, Orchis militaris (una bella colonia
con varie appendici nella stessa zona, composta da oltre 150
esemplari in buone condizioni vegetative, in fase espansiva; nella
stessa colonia, vi sono esemplari ibridati apparentemente con
Orchis purpurea ed Orchis sambucina, con le quali
convive.) Poa molineri, Potamogeton natans, Rosa montana, Rosa
subcanina, Rumex patientia subsp patientia, Sagina
subulata, Salix amplexicaulis, Stachys recta subsp.
grandiflora, Hypericum hyssopifolium. Durante il raduno è stata
anche trovata, nei pressi del lago nivale, una nuova ed estesa
colonia di Ophioglossum vulgatum.
Attualmente, abbiamo buoni motivi per ritenere che nel bacino
lacustre dell’altopiano, vegetino oltre 500 specie delle quali,
molte endemiche e molte altre rare o rarissime. Rimarchiamo ancora
che una di esse è di interesse prioritario (Klasea lycopifolia),
una è unica sull’Appennino (Artemisia atrata) e una è unica
in Italia e rara in Europa (Sedum nevadense).
La Checklist della flora di Lucoli conta adesso 1117 entità che,
considerando il territorio prevalentemente montuoso e le pochissime
zone umide non sono poche e rappresentano, approssimativamente,
circa il 90% di tutte quelle presenti sul territorio.
Ringraziamo quanti hanno collaborato con noi alla divulgazione, alla
scoperta e alla determinazione di alcune di queste specie ed alla
salvaguardia di questo patrimonio unico ed inestimabile
Considerazioni sul libro "Ricostruzione di territori" - ottobre 2011
AREA OMOGENEA DELLA NEVE
Il ruolo del Comune di Lucoli
Questa lettera vuole presentare alcune considerazioni in merito al
volume “RICOSTRUZIONE di
TERRITORI” scritto dall’Università
Il testo costituisce una relazione del lavoro di collaborazione tra
Università Facoltà di Architettura della Sapienza e alcuni Comuni
del cratere aquilano che si sono aggregati nell’area omogenea della
neve per coordinare gli interventi di ricostruzione. (parliamo dei
comuni di Ovindoli, Rocca di Mezzo, Rocca di Cambio e Lucoli)
Chi scrive è interessato a focalizzare l’attenzione su alcuni
contenuti e proposte dello studio definite “immagini di futuro”, che
a nostro avviso sono poco concrete e discutibili nell’ottica dei
principi della “Convenzione del paesaggio” soprattutto per quanto
riguarda la piana di Campo Felice.
Considerazioni
di carattere generale
Tale pubblicazione, che si propone di ri-disegnare lo sviluppo
futuro dell’area definita “omogenea”, viene descritta come il
risultato di un lavoro svolto con le Amministrazioni e tecnici dei
Comuni dell’Area Omogenea della Neve, che nel testo vengono
riportati come parte attiva e fattiva del gruppo di lavoro.
La metodologia di lavoro sulla quale i ricercatori (anche giovani
laureandi) si sono basati viene descritta in primis come centrata
sul dialogo con i soggetti locali per consentire la valorizzazione di
punti di vista interni al contesto: gli studenti hanno redatto un
catalogo di indicatori tematici contenenti le attese del territorio.
Il secondo paradigma tecnico adottato sarebbe stato quello della
verifica pragmatica delle ipotesi proposte realizzando delle
simulazioni per comprenderne la fattibilità.
Emerge dalla premessa metodologica del lavoro della Sapienza la
volontà di “superare i conflitti degli ultimi decenni tra legittime
esigenze di conservazione dei sistemi naturali e altrettanto
legittime spinte alla trasformazione e all’uso compatibili.
Le linee strategiche ipotizzate nello studio sono infine, legate al
principio della “intercomunalità”,
quindi ad azioni condivise di ripianificazione dei territori con
riferimento agli spazi naturali, allo sviluppo economico,
all’industria turistica, al sistema dei trasporti.
Ultimo
atto di questo primo indirizzo strategico costituito dalla
pubblicazione sarà il capitolato tecnico per il processo di
ricostruzione dei territori urbani che darà l’avvio ai piani di
ricostruzione.
Da un attento esame del testo si ritiene che lo studio sia stato
prodotto in tempi affrettati, senza la necessaria validazione dei
docenti universitari e delle comunità locali, in particolare per il
Comune di Lucoli. Un esame approfondito della situazione strutturale
post sisma del patrimonio abitativo non avrebbe potuto condurre a
formulare la proposta di sviluppo denominata “albergo diffuso”.
Questo
indirizzo strategico, non certo innovativo, previsto per Lucoli
contraddice in modo eclatante i presupposti metodologici enunciati
nel piano, forse più per ritualità accademica che per reale
applicazione, infatti, è azzardato proporre ad un territorio che ha
il 61% degli immobili
inagibili ed il 19% parzialmente inagibili uno sviluppo
turistico centrato sull’accoglienza e sulla ricettività.
Lucoli deve partire dall’ultimo atto del lavoro universitario ancora
non pienamente prodotto: cioè “dai capitolati tecnici di
ricostruzione”.
I suoi
bisogni sono diversi da quelli degli altri Comuni e questa disparità
non emerge dallo studio.
Di
ricostruzione, nonostante il titolo dell’opera, si parla poco o
niente; lo studio sembra voler superare, soltanto accennandoli in
termini statistici, i danni provocati dal sisma del 2009 tanto è
vero che nel testo non viene ipotizzato nessun progetto di
riqualificazione urbanistica dei Comuni nel senso proprio del
termine.
Il dopo
terremoto - proposte del piano di sviluppo per il Territorio di
Lucoli
Le proposte progettuali "riesumate" per Lucoli sono limitate alla valorizzazione delle "strade-paesaggio" ed alla realizzazione dell'"Albergo diffuso".
Analizzando le idee progetto riportate nella pubblicazione, il ruolo
del territorio di Lucoli, inteso essenzialmente come ambiente
naturale, risulta essere troppo marginale rispetto all’importanza che di fatto
riveste; è
fondamentalmente ridotto ad una funzione di infrastruttura di
passaggio per i flussi turistici di altri comuni.
Analizzando nello specifico il
vecchio
progetto del 1993 dell’”Albergo Diffuso” (lanciato su base
Provinciale e mai pienamente implementato), si ricorda che lo studio
della Sapienza, a pag. 85, riporta che il patrimonio abitativo di Lucoli e’ inagibile per il 61% e
parzialmente inagibile per il 19%.
La linea di azione del suddetto progetto prevede la localizzazione
delle strutture da adibire ad albergo diffuso nei centri storici in
prossimità di luoghi simbolici della vita cittadina (chiese, piazze,
ecc.).
Probabilmente
gli studenti della Sapienza non hanno approfonditamente visitato i
borghi del Colle, di Prata, di Collimento, di Casavecchia e non si
sono resi conto di quanto lavoro sarà necessario per il solo aspetto
del recupero edilizio degli stessi anche in un’ ottica di loro messa
in sicurezza per futuri eventi sismici.
Nello studio
sono inoltre riportate inesattezze sulle tematiche dell’ambiente. Ad
esempio nel capitolo 3° centrato sui
“Conflitti tra conservazione e
trasformazione” a pagina
68 si riportano notizie, non aggiornate, sui SIC e sui ZPS risalenti
al 2003,(essi sono stati dal 2004 accorpati nel SIC 7110206\Velino
Sirente.)
Nell’analisi e nei dati raccolti mancano i riferimenti alle
ricchezze botaniche della porzione di area del Comune di Lucoli, e
ad esempio a pag.174 ci si riferisce ad “ottanta
specie di orchidee” quando quelle classificate nel nostro
territorio sono trentotto.
L’incipit
iniziale, stigmatizza la volontà delle Amministrazioni locali di
superare l’annoso conflitto tra conservazione e trasformazione, tra
legittime esigenze di tutela ecologica e altrettanto legittime
istanze di miglioramento sociale ed economico di cui sono portavoce
i Comuni.
Potremmo argomentare a lungo su questa tesi e sui suoi significati.
Dal punto di vista ambientale le argomentazioni riguardanti il
territorio di Lucoli sono parziali, si esaminano i punti di vista
del Parco Velino-Sirente, delle aziende agricole esistenti negli
altri Comuni, ma poco ci si sofferma sulle ricchezze ambientali
della piana di Campo Felice e sulle sue attrattive turistiche: è
possibile che non ci sia alcuna proposta di salvaguardia e
valorizzazione del patrimonio ambientale?
E’ possibile che non ci sia
nessuna proposta per il Monte Cefalone,
Infine, esaminiamo nello specifico il progetto
“Strada paesaggio della
memoria” una tra le
iniziative enunciate per lo sviluppo ed anche sviluppate in una
prima idea di layout proposto nello studio.
L’obiettivo
del progetto viene descritto in modo confuso, congiungendo la
memoria delle tradizioni, anche economiche locali, a quella del
sisma del 2009.
Il percorso
ideato dalla Sapienza e definito “Strada
paesaggio della memoria”, che dovrebbe costituire un’attrattiva
turistica ed una proposta per il territorio, dovrebbe svilupparsi ai
margini di un’area ad alta frequentazione: la strada di collegamento
tra Casamaina e Campo Felice.
Il progetto della “strada percorso della memoria” va assolutamente al di là di quanto stabilito dalla “Convenzione Europea del Paesaggio”, già citata nella pubblicazione della Sapienza, per la quale “
il territorio va rispettato per come è percepito dalle popolazioni ed il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”, esso è la “componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale, nonché fondamento della loro idendità.
La proposta della facoltà di Architettura della Sapienza di voler
integrare il ricordo del terremoto al paesaggio attraverso un
“percorso
che segue ondulazioni….l’installazione
di 308
giunchi in fibra di carbonio fotosensibili al movimento e che
reagiscono in modo diverso alle condizioni di luce del contesto”
non è coniugata con una “convenzione del paesaggio del territorio”
di Campo Felice.
Il territorio di Lucoli, caratterizzato da elementi naturali quali
il legno, la pietra, la natura, male si coniugherebbe con i
“giunchi
di fibra di carbonio”
che risulterebbero un’opera di tipo artistico-culturale e di
tendenza estranea al paesaggio vissuto dalla collettività. Non
credo che ci siano stati dialogo e condivisione del “bisogno” di
questo progetto, nella sua realizzazione tecnica, con la popolazione
locale.
Non è la
prima volta che assistiamo alla nascita di progetti, cospicuamente
finanziati, sull’altipiano di Campo Felice, purtroppo concepiti solo
nell’ottica di interessi privatistici e al di fuori di una
convenzione di Piano di Area, assolutamente necessario.
Molte sono state nel tempo le realizzazioni “creative”, dallo Sky
Drome al “ponte dove non passa l’acqua”, dai parcheggi, alle
rimesse, opere non utilizzate e distoniche con l’ambiente
circostante, che purtroppo hanno violato e deturpato.
Le enunciazioni strategiche proposte nello studio sono a mio avviso inadeguate e temporalmente inopportune per il nostro territorio.
Al Comune di
Lucoli, che secondo quanto riportato dalla Sapienza ha collaborato
alla redazione dello studio e ne ha cofinanziato la pubblicazione,
chiedo azioni concrete,
condivise con la popolazione,
sulla ricostruzione, sulla riqualificazione urbanistica delle
Frazioni e strategie di pianificazione, comunicazione e promozione
del territorio fissandosi sulla categoria della “sostenibilità”.
Si chiede in modo deciso di vincolare il territorio comunale,
secondo i canoni di un Piano di Area che salvaguardi le ricchezze
naturali esistenti che purtroppo non sono riproducibili.
All’Amministrazione di Lucoli chiedo di rappresentare agli
interlocutori dell’Area omogenea della neve e alla Facoltà di
Architettura della Sapienza di Roma, le discrepanze e le condizioni
di “MINOR VANTAGGIO” strategico che si desumono dallo studio,
fissando alcuni vincoli di azione e legati al principio
dell’”intercomunalità” che potrebbero ledere gli interessi
ambientali ed economici del territorio.
Rossano Soldati
Il genere “Rosa”
sul nostro territorio -
settembre 2011
Accade spesso che tanti di noi, affascinati dalla bellezza, dal
profumo, dalla delicatezza dalla gamma dei colori e dal
romanticismo, pensano di cimentarsi nel capire, qualche cosa di più
sulle rose.
Non fatevi troppe illusioni, è un lavoro molto faticoso, un percorso
intricato non solo a causa delle spine. Dopo i
primi tentativi viene voglia di lasciare il compito a chi ne sa più
di noi. Ci sono studiosi che hanno dedicato una vita alla loro
conoscenza e mai hanno sciolto tanti dubbi.
Sono molti i caratteri di cui bisogna tenere conto per la
determinazione.
Il colore dei petali, il portamento (alto, basso, strisciante,
lianoso), se ci sono spine e la loro forma, il tipo
di peli se ce ne sono, la forma dei cinorrodi… e poi si entra nei
caratteri più numerosi e complessi riservati a chi vuole impegnarsi
seriamente.
Raramente è capitato di trovare specie che rispondono a tutti i
requisiti descrittivi. Quasi sempre, la determinazione risponde a
caratteri di base o alla prevalenza in percentuale di essi a causa
della facilità di ibridazione che intercorre fra le varie specie. Ci
sono studiosi i quali affermano che le specie esistenti siano molte
di più e con molte sottospecie. A noi piace pensare che esse vadano
raggruppate per grandi linee. Il resto è materia da specialisti e ne
prendiamo atto.
Abbiamo iniziato da un paio di anni a decifrare le specie presenti
sul territorio. Ne abbiamo determinate una dozzina, anche con
l’aiuto di esperti, e sicuramente ne abbiamo altre ancora da
scoprire.
Normalmente, si definiscono tutte le rose selvatiche come “Rosa
canina”. In realtà essa è un genere al quale appartengono
attualmente oltre 20 specie.
Sul territorio di Lucoli, la Rosa canina vera e
propria è comune ma sporadica e raramente forma popolamenti densi e
continui. La troviamo diffusa fino a 1800 m in qualsiasi ambiente,
si adatta al sotto bosco, ambienti luminosi, aridi o umidi.
La più diffusa , con concentramenti ampi tra i 1000 e i 1600 m e
sporadica oltre i 2000 m, potrebbe essere invece la Rosa
tomentosa. E’ comune nella dorsale centrale del Rio da
Pestio Cancelli a Campo Felice, Casamaina, Munito.
La Rosa subcollina la troviamo preferibilmente a
quote più basse fino a 1600 m e condivide l’habitat con R.
tormentosa.
La Rosa squarrosa, è mista alle due precedenti,
comune, con una diffusione di poco superiore alla Rosa Canina.
La Rosa pendulina è comune da 1200 m. a 2200 negli
habitat tipici della specie. Terreni freschi, fertili, radure o
sottobosco. Ha un colore rosso acceso fino al rosato e a volte forma
tappezzamenti molto estesi come nei boschi della Portella,
Torricella, Morretano.
La Rosa montana è da considerare poco comune. La
troviamo oltre i 1500 metri fino alle massime quote, nelle zone
dell’altipiano, Vena Stellante, Torricella e tutte le vette
principali, riconoscibile per il colore dei vecchi fusti glauchi e
poco ramosi.
La Rosa nitidula la riconosciamo macroscopicamente
per il colore verde lucido delle foglie ed il portamento modesto
dell’arbusto. Presente solo sulla fascia Sud da Lucoli Alto a
Casamaina fino a 1500 m. Possiamo definirla poco comune e sporadica.
Della Rosa subcanina ne sono stati riscontrati solo
pochi esemplari nella zona dell’Arco e al Campitello; da considerare
rarissima. E’ facilmente confondibile con Rosa canina.
La Rosa spinosissima è una bella rosa tappezzante,
considerata rara fino all’estate scorsa; è presente alla Portella,
sull’Orsello e al Campitello dove ultimamente sono state trovate
colonie molto estese su pendii molto impervi. Convive con Rosa
pendulina in estensioni spettacolari fino a 2000 m
La Rosa dumalis è da considerare poco comune ed è
ancora da verificarne la diffusione. Presente interno ai 1500 /1600
m. a Prato Capito, Morretano e forse lungo la valle di Casamaina.
Presenta cinorrodi sferici e grandi e un portamento imponente.
La Rosa arvensis è diffusa nelle boscaglie dove si
riscontra anche con portamento lianoso. Belle colonie sono presenti
nel bosco esposizione Nord di Prata. Osservata fino a 1100 metri
La Rosa corymbifera è diffusa tra i 1000 e i 1500
m. Comune nella valle del Rio da Pestio Cancelli a Casamaina.
Vengono segnalati inoltre due ibridi degni di rilievo. Il primo
potremmo definirlo all’80% R. pendulina ibridato con R.
montana immerso in una colonia estesa di R. pendulina con
cinorrodi allungati a peli densi e ghiandolari. Per il resto
coincide con R. pendulina.
Il secondo ibrido potrebbe risultare sempre un incrocio al 60 /70 %
con R. pendulina e forse R. montana; presenta
fusti giovani e vecchi privi di spine, con l’unico accenno di spine
sulla nervatura centrale di alcune foglie dove le spine sono
modificate in peli ghiandolari robusti. Il cinorrodo è sempre a
forma di banana come nella R. pendulina, allungato a peluria
ghiandolosa intensa, il colore dei petali è simile a R. pendulina.
Il portamento è stolonifero accentuato 50 / 60 cm fino ad 1 metro
cespuglioso nel caso di un esemplare. Sono note solo tre colonie
nella stessa zona; brecciai del Velino , Puzzillo e Sebastiani sulla
salita di Pezza. Questo ibrido, è da considerarsi stabile in quanto
le colonie sono nettamente separate, in habitat diversi, sporadico,
ma diffuso sul territorio.
La colonia del Brecciaio potrebbe essere la più vecchia. E presenta
apparentemente una differenza rispetto ai popolamenti di R.
pendulina essendo più rada, con fusti quasi isolati alti 30 / 50 cm.
I semi riproducono esemplari simili alla pianta madre.
Sono in coltivazione presso il vivaio.
Una nuova ferita a Campo Felice - Iniziati i lavori per la costruzione della galleria e della nuova strada - Ottobre 2010
”L’uomo,
invece di capire che è sottoposto alle stesse leggi applicate agli
altri mammiferi e che ha bisogno di aria per respirare, di acqua per
bere e di cibo per mangiare, si è autoproclamato il migliore del
creato e ha realizzato delle trasgressioni dimenticando la sua vera
vocazione che dovrebbe essere quella di preservare la vita. L’uomo,
dotato della ragione, della coscienza e del libero arbitrio ha
l’obbligo di vigilare sulla vita intera: ha il dover di ammirare e
amare piuttosto che distruggere”.
(Pierre Rabhi)
Secondo gli ultimi frenetici aggiornamenti, verrà realizzata una
grande strada sulla vecchia traccia che costeggia monte Cefalone
dall’uscita della galleria sotto gli impianti, fino al bivio Lucoli\
Roma..
Secondo quanto indicato da molti diretti interessati (i sindaci dei
paesi dell’Appennino Abruzzese interessati) verrà contemporaneamente
smantellata quella esistente che già taglia la piana.
Secondo noi, conoscendo il sistema operativo italiano, e consapevoli
di essere in ”zona depressa” quella nuova avrà un devastante impatto
ambientale, e quella vecchia, difficilmente verrà smantellata, se lo
sarà, dobbiamo conoscere i dettagli del progetto esecutivo
dell’ANAS, i finanziamenti disponibili ed i tempi e, comunque, avrà
un fortissimo impatto anche questa operazione .
Per rimarginare la ferita, saranno necessari almeno 50 anni ma
ripetiamo che questa è la migliore delle ipotesi.
Non sappiamo quale mente perversa guida questo scempio irrefrenabile
che sistematicamente si abbatte su uno degli altipiani più belli
d’Italia.
Certo è che anche il suo valore ambientale è altissimo. Essenze
botaniche uniche in Italia o rarissime, innumerevoli endemismi, ed
una ricchezza di specie ineguagliabile.
Scorrimenti acquiferi superficiali di estremo interesse in una
torbiera dovuta all’antico lago che copriva l’altipiano fino al 500.
Un equilibrio assai precario ben descritto anche da geologi illustri
ed enti di ricerca ( ENEA 2004 rapporto su Campo Felice, laghi
temporanei, faglie attive ecc).
La nuova strada, già ampiamente tracciata come una ferita aperta sul
territorio, attraversa il cuore di questo paradiso geo\botanico
oltre che paesaggistico.
Esattamente in questa zona, vivono ancora il gatto selvatico, la
martora, il tritone crestato, il lupo, la vipera orsini, l’aquila
reale e volendo potremo indicarne molte altre di specie.
Ci chiediamo se queste cose, interessano il Parco Sirente
Velino? Che in un comunicato stampa si è presentato come “vigilante”
dei lavori. Il Commissario del Parco ha considerato il
passaggio per mesi di ruspe e mezzi pesanti. Ma forse la risposta
vera è che; il Parco finisce a ridosso della galleria. E poi? Chi
tutela e controlla il resto del territorio e dell’Altipiano?
Ci piacerebbe visionare la valutazione di impatto ambientale da
produrre per legge e capire se basta un laghetto artificiale per
mitigare lo scempio in corso.
Quale Ente si occupa di vigilare sul territorio del comune di
Lucoli? Il territorio di competenza del Parco finisce all’uscita
della galleria. Il 90% dei lavori che verranno realizzati
impatteranno su questo territorio.
Le Autorità Comunali di Lucoli, ufficialmente interpellate
rispondono di non sapere nulla della possibile “variante” al
progetto esecutivo dei lavori per la realizzazione del collegamento
viario tra la piana di Campo Felice e l’Altopiano delle Rocche, n.
4487 del 14.01.2009, successivamente approvata e che modifica quanto
già noto.
Ci rifiutiamo di credere che i nostri politici non sappiano nulla di
questa vicenda.
Gli affari della Safab Spa
l’impresa esecutrice dei lavori (tratto dal sito della Legambiente di Rieti articolo del 28
febbraio 2010)
Il 28 dicembre 2009, trapela una notizia risalente a più di un mese
prima: la Prefettura di Roma,ha ritirato il certificato antimafia
alla Safab in seguito all’ispezione di Carabinieri e Guardia di
Finanza del nucleo operativo aquilano (molto presumibilmente
eseguita prima dell’inaugurazione dei lavori Galleria di Serralunga)
disposta dalla Prefettura dell’Aquila. Gli atti sono stati trasmessi
alla Procura dell’Aquila per ulteriori indagini e alla committente
Anas per le misure da prendere nel cantiere a Rocca di Cambio. Il
«Messaggero d’Abruzzo» titola in apertura: “Clan mafiosi nei lavori
della galleria” e, in cronaca aquilana:“Due soci vicini a un clan
mafioso”. Il 29 dicembre 2009 l’Anas precisa: «Siamo in attesa
dell’interdittiva dalla Prefettura di Roma, che non lascia spazio
interpretativo». In concomitanza all’Anas, il sindaco di Rocca di
Cambio Antonio Pace rassicura urbis et orbis in un comunicato Ansa:
«I lavori per la realizzazione della galleria Serralunga da parte
della ditta Safab stanno continuando regolarmente nonostante la
Prefettura di Roma abbia revocato il certificato antimafia per
presunti rapporti con la mafia». E ancora: «Non sono preoccupato
perché ho parlato con il responsabile dell’azienda il quale mi ha
rassicurato sul positivo esito di questa licenza». In effetti, i
lavori (ed i profitti) proseguono: appalti pubblici formalmente
assoggettati alla normativa antimafia. Il cane a tre teste.
Probabilmente l’esperienza, gli innumerevoli rapporti consolidati
sul territorio con amministratori, prese ed amicizie politiche gli
fanno commettere leggerezze: la Safab subappalta direttamente a
Sandro Missuto, accusato d’essere prestanome del clan Emmanuello-
Rinzivillo operante tra Gela e Caltanissetta.
Archiviato l’incidente estivo, la Safab continua il suo ruolo di
collettore finale per grandi flussi di denaro e relazioni
istituzionali-politiche sul territorio. Nel confinante Abruzzo c’è
un altro appalto aggiudicato dall’Anas per un importo di quasi 25
milioni di euro sull’altopiano delle Rocche (Aq). Con una galleria
dipoco più di un chilometro e un collegamento viario di circa km.
2.5, si dovrebbero collegare i due bacini sciistici di Campo Felice
e Ovindoli e “potenziare le infrastrutture e il turismo da Roma”
(circa m.30 di meno). Del progetto c’è traccia fin dall’86 nella
nona legislatura con l’intervento del Dc Romeo Ricciuti. Progetto
ripreso dal governo Berlusconi nel 2002 (sponsor Pietro Lunardi e
Gianni Letta), tra gli interventi strategici di preminente interesse
azionale della “Legge Obiettivo”, come ramo di chiusura tra l’asse
autostradale A/24-A/25; cofinanziato dalla Regione Abruzzo.
Precedenti nulla osta per la valutazione ed incidenza ambientale dal
Parco regionale Velino-Sirente, territorio in cui ricadono i lavori,
e il 24/12/2004 La Safab ha subappaltato direttamente a Sandro
Missuto, accusato d’essere prestanome del clan Emmanuello-Rinzivillo
operante tra Gela e Caltanissetta.
Il paradigma delle “grandi opere” Regione Abruzzo, da tempo
inveterata “regione verde d’Europa”. Sul cartello lavori, nessuno ha
notato curiose strisce adesive coprenti accanto la voce “Direttore
tecnico”. Il direttore tecnico d’impresa è il primo interlocutore
del direttore lavori, nonché responsabile della ditta appaltatrice.
Poco prima dell’inaugurazione dell’inizio lavori della galleria
compariva il nome di Luigi Masciotta, nonostante fosse
impossibilitato a svolgerlo nei quasi tre mesi di arresti e,
successivamente, con l’obbligo di firma. Una mano pudica ha coperto
il suo nome, ma chissà se la Safab avrà delegato qualcun altro e
passato documentazione ad Anas e regione: i lavori sono iniziati a
marzo scorso e, dal 4 agosto (data dell’arresto del direttore
tecnico), la committente Anas si è distratta.
Trovata una specie nuova per l'Italia a Campo Felice
La scorsa estate è stato rinvenuto
nella zona umida sotto il M. Cefalone una specie nuova per l'Italia:
si tratta del
Sedum nevadense Guss., appartenente alla Famiglia
delle Crassulaceae